Truccarsi e prendersi cura della propria pelle non è una pratica moderna, la storia della cosmesi è antica come la storia dell’uomo, anche tornando indietro di 2000 anni scopriamo che le nostre abitudini non sono poi così differenti da quelle del passato.

La moda era fondamentale nella vita sociale dei romani, e l’aspetto, di conseguenza, importantissimo per definire la propria posizione nella società. Come testimonia anche Ovidio, nell’opera De Medicamine faciei feminae dove descrive le “ricette di bellezza” delle romane insieme a metodi e ingredienti da usare per il beauty tra il I secolo a.C e il I secolo d.C.

Il rossetto

Dagli studi sugli antichi cosmetici, che no prevedevano però pratiche molto sane perché ricche di tossine, per esempio il rossetto era ottenuto con la polvere di minio, un minerale composto da due tipologie di piombo, mischiata al succo di more ma anche alla sandracca, ovvero solfuro di arsenico, una sostanza non troppo salutare, al cinabro, o solfuro di mercurio, anch’esso tossico, alla cocciniglia, all’estratto delle radici della Alkanna tincotia che produce una sostanza rossa, e per finire dal gesso rosso.

Il fondotinta

Ma anche il fondotinta aveva una bella componente tossica perché era un insieme di biacca (a base di piombo) e miele. Doveva sbiancare la carnagione per ribadire come l’abbronzatura fosse un attributo delle classi più povere, mentre il pallore dato dallo stare in casa era appannaggio dell’aristocrazia.

Altre ricette lo vedono arricchito da creta finissima e dalla feccia di vino per creare una sorta di fard, mentre la cipria poteva essere a base di farina di fave.

La polvere di ematite, un minerale di ferro dal colore rossastro era l’illuminante e fissatore.

L’ombretto

L’ombretto più usato era fatto con la cenere sfumata a seconda delle esigenze, quindi lo Smookie Eye era il trucco preferito.

Se si volevano altri colori si usavano polveri di croco per un giallo dorato o di minerali, come la malachite per il verde e l’azzurrite per l’azzurro.

Ma il tocco di classe era la pasta di formiche abbrustolite, che garantiva la lunga durata dell’ombretto.

Sempre la cenere o il carbone, predisposti su uno stecchino, venivano usati come mascara. 

Il contorno occhi vedere l’utilizzo del Khol, l’odierno Kajal in polvere, che poteva essere sostituito da un pigmento ottenuto dai datteri bruciati o dall’inchiostro di seppia, questo veniva usato anche per riprodurre dei nei finti, collocati in punti strategici, erano il vezzo dei make-up più raffinati, fatti sempre con il carbone.

Anche qui si poteva usare una base di antimonio polverizzato chiamata “stibium” a cui si aggiungeva il piombo.

Ma come si struccavano?

E per togliere tutti questi prodotti alla fine usavano degli struccanti che non sembrano poi tanto diversi dai nostri: olio d’oliva, acqua di malva e di melissa, oppure latte d’asina, menta e miele.